Non è solo vietato
dalla legge italiana come pratica ipobarica, ma può essere addirittura
dannoso per la salute. L’uso dell’Altitrainer 200,
la macchina sequestrata al termine della decima tappa del Giro d’Italia
alla Davitamon Lotto, la formazione dello
sprinter australiano plurivincitore nella corsa rosa
Robbie McEwen, è proibito in quanto
concretizza una vera e propria pratica vietata che altera le prestazioni
sportive. Lo dicono, in una dettagliata relazione che “SportPrto” è
riuscito a procurarsi, i due esperti incaricati dal
pm Pecori di
dare un parere definitivo sull’effetto “dopante” o meno dell’attrezzo. I
professori Dario D’Ottavio (ex membro della
Cvd, la commissione di vigilanza sul doping) e
Benedetto Ronci (illustre ematologo clinico dell'Azienda
Ospedaliera S. Giovanni Addolorata di Roma), tra l’altro
collaboratori storici di “SportPro”, hanno approfondito l’argomento,
fino a questo momento poco indagato sotto questi aspetti. Il meccanismo
di funzionamento della macchina è semplice: si espone l’atleta ad una
condizione fisica particolare, cioè ad una diminuita concentrazione
dell’ossigeno ottenuta attraverso l’abbassamento della sua normale pressione
parziale (si respira una miscela ipossica, attraverso una
mascherina) e il fisico reagisce come se si trovasse in altura,
stimolando, cioè la produzione endogena di globuli rossi che
arricchiscono il sangue contribuendo ad un maggior trasporto di ossigeno
ai muscoli. Di qui l’effetto dopante. |
|
Ecco i risultati della perizia fatta per il pm di Vicenza Pecori
INTRODUZIONE | L'ALLENAMENTO | L'APPARECCHIATURA | LA LEGGE | CONCLUSIONI |
Premessa
Per poter comprendere in modo efficace il prosieguo della relazione, si ritiene
opportuno esplicitare gli elementi scientifici (unità di misura, grandezze
chimico-fisiche etc) in quanto sugli stessi è basato lo “scheletro” della
relazione stessa.
Vengono quindi riportate in seguito le definizioni delle grandezze utilizzate
nonché brevi cenni integrativi.
Acclimatazione : risposta fisiologica e metabolica dell’organismo atta a
migliorare la tolleranza dell’ipossia dovuta all’altitudine
Pressione : Forza applicata per unità di superficie.
Nei gas la pressione è rappresentata dal numero di urti delle molecole contro le
pareti del recipiente ove sono contenute. E’ evidente che, a parità di volume,
più molecole sono contenute nel recipiente, maggiore sarà il numero di urti
sulle pareti e maggiore sarà la Pressione esercitata dal gas. Nella relazione la
pressione è espressa in mm di mercurio (mm Hg) e più raramente in atmosfera. Per
atmosfera si intende la Pressione esercitata da una colonnina di mercurio alta
760 mm. Quindi 1atm. = 760 mm Hg.
Pressione parziale : Pressione che un gas eserciterebbe se occupasse
da solo tutto il volume disponibile
Difficilmente in sistemi naturali ci si trova in presenza di gas allo stato
puro. E’ più probabile invece il verificarsi di miscele gassose che, a loro
volta, siano responsabili delle pressione esercitata. Ovviamente, trattandosi di
miscele, ciascuno dei componenti eserciterà una pressione “individuale”
dipendente dalla percentuale rappresentata e la Pressione totale sarà data
quindi dalla somma delle singole pressioni parziali ( Pressione totale =
Pressione Parziale gas 1 + Pressione Parziale gas 2 + ………. Pressione Parziale
gas n).
Per quanto riguarda l’aria, la tabella che segue, riporta la composizione
dell’aria e le relative pressioni parziali dei gas che la sostituiscono ( a
livello del mare, P = 760 mm Hg).
Gas | Percentuale (%) | Pressione Parziale (mm Hg) | Volume di gas (mL* L-1) |
Ossigeno | 20.93 | 159 | 209.3 |
Anidride Carbonica | 0.03 | 0.2 | 0.4 |
Azoto | 79.04 | 600 | 790.3 |
Pressione barometrica o Pressione
atmosferica : Pressione esercitata dall’atmosfera soprastante .
L’importanza di questo parametro è legata alla sua variabilità in funzione
dell’altitudine.
Si riporta nella tabella che segue il variare della pressione barometrica con
l’altitudine geografica. La diminuzione della pressione è dovuta alla
“rarefazione dell’aria”, termine utilizzato per indicare una riduzione della
concentrazione dei gas.
Altezza (metri) |
Pressione ambientale (mm Hg) |
Pressione parziale O2 (mm
Hg) |
0 |
760 |
159 |
1.000 |
674 |
141 |
1.500 |
634 |
133 |
2.000 |
596 |
125 |
3.000 |
526 |
110 |
4.000 |
462 |
97 |
5.000 |
405 |
85 |
6.000 |
354 |
74 |
7.000 |
308 |
64 |
8.000 |
267 |
56 |
9.000 |
230 |
48 |
Normobarico od isobarico : Sistema ad una
pressione uguale a quella presa come riferimento.
In genere come riferimento viene presa la pressione atmosferica a livello
del mare (760 mm Hg).
Ipobarico: Sistema ad una pressione inferiore a quella presa come riferimento
Iperbarico: Sistema ad una pressione superiore a quella presa come
riferimento
Ipossico: Sistema in cui la Pressione parziale dell’Ossigeno è inferiore a
quella presa come riferimento.
In genere come riferimento viene presa la pressione parziale di O2 a livello
del mare ( Pressione barometrica 760 mm Hg e PO2 159 mm Hg).
Sangue: liquido biologico costituito da una parte corpuscolata composta
da globuli rossi (eritrociti), globuli bianchi (leucociti), piastrine e da una
componete liquida denominata plasma.
Emoglobina: Molecola di natura proteica contenuta all’interno dei globuli
rossi. Consente il trasporto dell’Ossigeno dai polmoni ai tessuti ove viene
utilizzato. (Unità di misura gr./dL)
Ematocrito: Indice numerico che rappresenta la percentuale del volume
occupato dai globuli rossi (eritrociti) rispetto al volume totale del sangue.
(unità di misura %)
Eritropoietina: Molecola proteica in grado di stimolare il midollo osseo
alla produzione di globuli rossi. (Unità di misura mU/mL)
Eritropoiesi: Processo fisiologico che implica la produzione di globuli
rossi
2 – 3 Difosfoglicerato : Sostanza contenuta all’interno dei globuli
rossi. Interagisce con l’emoglobina diminuendone l’affinità per l’ossigeno e
quindi favorendone il rilascio.
Introduzione
L’Ossigeno (O2) che respiriamo rappresenta l’elemento indispensabile per la
vita. L’organismo umano è provvisto di un sistema di captazione e di trasporto
dell’O2 estremamente efficiente rappresentato dai globuli rossi (o eritrociti).
Il 97% dell’O2 , infatti, è trasportato nel sangue all’ interno dei globuli
rossi legato, in forma reversibile, ad una proteina: L’emoglobina (Hb). Quest’ultima
è una proteina complessa ed “intelligente”, capace di captare l’ossigeno
dall’ambiente esterno con la respirazione polmonare e, attraverso il flusso
sanguigno, di cederlo ai tessuti dove viene utilizzato per fornire, alla fine,
“l’energia vitale”. E’ evidente, pertanto, che il principale regolatore della
produzione dei globuli rossi, e quindi dell’Hb, non può che essere proprio
l’ossigeno. Quando, cioè, la concentrazione di O2 diminuisce nel sangue (questa
condizione viene definita ipossiemia), indipendentemente dalla causa che l’ha
prodotta, viene stimolata da parte del rene la produzione di un vero e proprio
ormone rappresentato dall’eritropoietina (EPO) che rappresenta il fattore di
crescita e di sopravvivenza indispensabile per la maturazione e la produzione
dei globuli rossi. Infatti La concentrazione dell’EPO aumenta esponenzialmente
(più di 100 volte il valore basale) e rapidamente già dopo poche ore di ridotta
concentrazione di O2, promuovendo così la formazione di un maggior numero dei
suoi “trasportatori” (i globuli rossi o eritrociti) con conseguente aumento
della cosiddetta “massa eritrocitaria”. Questo fenomeno si verifica naturalmente
anche quando i mammiferi sono esposti alle basse concentrazioni di O2 delle alte
altitudini (questa condizione viene definita ipossia). Ecco perché i nativi
delle alte altitudini, come quelli delle Ande Peruviane, hanno fisiologicamente
un numero di globuli rossi più alto (questa condizione viene definita
Poliglobulia delle alte altitudini) rispetto a coloro che vivono in pianura o a
livello del mare. In pratica si tratta di una sorta di “naturale acclimatazione
ematologica” che facilita il ripristino di un normale contenuto di O2 nel sangue
a fronte di una più bassa concentrazione ambientale. Un altro fattore che
interviene precocemente, in risposta all’ipossia da grandi altitudini, è
rappresentato dalla diminuzione dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, un
meccanismo che permette di aumentare la quota di ossigeno rilasciata ai tessuti
senza influire sulla sua pressione parziale. Tale fenomeno si realizza grazie
all’accumulo, all’interno del globulo rosso, di un composto del metabolismo
glicolitico anaerobico rappresentato dal 2,3-difosfoglicerato come accennato
nelle note introduttive.
Un primo punto che occorre chiarire è se esista una “soglia” di ipossia
ambientale (ovvero di altitudine) oltre la quale viene stimolata una sostenuta e
duratura produzione di EPO. Un importante studio a tal proposito è stato
realizzato in anni recenti da alcuni Ricercatori dell’Università di Dallas (Ri-Li
Ge e coll. 2002) che hanno inconfutabilmente dimostrato come in effetti la
produzione sostenuta e duratura di EPO in risposta ad intermittenti e simulate
altitudini ha un chiaro “thresold”. Nello studio 48 giovani volontari hanno
soggiornato per 24 ore a settimana per un totale di 4 settimane, in una camera
ipobarica/ipossica a simulate altitudini di 1.780, 2.085, 2.450 e 2.800 m. Un
incremento significativo e duraturo (oltre le 24 ore) di Epo è stato registrato
soltanto quando l’altitudine simulata raggiungeva 2.100-2.500 m. Il protocollo
Alti trainer 200 prevede l’ impiego di altitudini simulate entro 2000-2500 m.
che corrispondono, quindi, a valori di ipossia ambientale capaci di stimolare la
produzione di Epo. Nella maggior parte dei soggetti, al di sotto di queste
altitudini, gli effetti sulla produzione dell’eritropoietina sono modesti e,
soprattutto, non sostenuti nel tempo (la concentrazione sierica di Epo declina
rapidamente dopo 24 ore ). Va tuttavia sottolineato che nello stesso studio si
dimostra che la produzione di Epo, in risposta alle simulate altitudini, è
contrassegnata da una sostanziale variabilità inter-individuale con alcuni
soggetti che mostrano un incremento del 100% della concentrazione di Epo nelle
esposizioni a 1.780 m, mentre altri non incrementano i livelli dell’ormone a
2.800 m. Tale variabilità appare essere governata da fattori correlati alla
concentrazione di O2 al livello del rene così come ad altri non facilmente
determinabili meccanismi ma che presumibilmente sono da ricondurre alla
regolazione trascrizionale (genetica) dell’Epo da parte del tessuto renale
ipossico, cioè ad una sorta di “variabilità costituzionale”. A tale proposito è
importante sottolineare che la risposta biologica all’ipossia ambientale non si
identifica esclusivamente nell’aumentata produzione di Epo dal rene ma da tutta
una serie di modificazioni metaboliche , funzionali (cardiorespiratorie) e
strutturali (a carico della muscolatura scheletrica) che hanno la finalità di
consentire l’adattamento del nostro organismo ad una condizione di ridotta
fornitura di ossigeno (Wiesener e coll. 2002) rendendolo più resistente all’ipossia.
Il principale mediatore della intricata risposta biologica adattativa all’ipossia
è oggi conosciuto e si identifica con una proteina detta Fattore Inducibile
dall’ipossia (HIF= Hypoxia Inducile Factor). Questo fattore viene molto
rapidamente “disattivato” (degradato) in presenza di O2. Invece, virtualmente,
tutte le cellule del nostro organismo rispondono all’ipossia con una
“attivazione” di HIF che diventa capace di agire a livello genetico attivando a
sua volta, oltre il gene che codifica l’Epo, molti altri geni identificati come
altrettanti targets di HIF. Tra questi, alcuni includono quelli coinvolti nella
produzione di molecole che regolano: 1) il tono vascolare (endotelina1,
adrenomedullina), 2) la formazione di nuovi vasi sanguigni (fattore di crescita
endoteliale), 3) la produzione di catecolamine (tirosina idrossilasi) , 4) il
trasporto del glucosio attraverso le cellule e la glicolisi anaerobia allo scopo
di poter produrre un’addizionale risorsa di energia in condizioni di relativa
deficienza di O2.
Da quanto detto è evidente che la fisiologica risposta alle altitudini è multi
fattoriale e si concorda nell’affermazione che l’attribuire l’aumento della
performance atletica, indotta naturalmente dall’altitudine, esclusivamente
all’incrementata produzione di globuli rossi appare piuttosto semplicistica e
riduttiva (Aschenden, 2004).
L’allenamento alle alte
altitudini e valutazione dei metodi di simulazione
Atleti di resistenza spesso nei loro programmi di allenamento includono
training in altitudine con l’aspettativa di migliorare la loro performance in
pianura. E’ stato suggerito che l’ideale approccio all’allenamento alle
altitudini dovrebbe rendere capace gli atleti di ottimizzare il necessario
stimolo per ottenere le modificazioni biologiche descritte, che migliorano
l’utilizzazione dell’O2, evitando o minimizzando nello stesso tempo l’effetto
deprimente associato ad una troppo persistente esposizione all’ipossia. Questa
strategia nota con il termine “living high-trainig low” o Hi-Lo model
combina il vivere alle alte altitudini (2.500-2.700 m) con una intensa sessione
di allenamento a più basse altitudini (1.200 m). Studi effettuati sia su atleti
di livello universitario che su atleti di élite (maratoneti) hanno dimostrato
che il protocollo Hi-Lo è in grado di aumentare la performance atletica
rispettivamente del 1,4% e del 1,1% dopo 27 giorni di soggiorno a
moderate altitudini (2.500 m) seguito da una intensa sessione di allenamento a
1.250 m (Gundersen e coll, 1997; Levine e coll, 2001). Il meccanismo
responsabile di tale miglioramento è, come sopra accennato, multifattoriale ma
concorre certamente in maniera importante una stimolazione della eritropoiesi
(cioè della produzione dei globuli rossi) come dimostrato negli studi
riportati: 1) da un raddoppiamento della concentrazione di Epo plasmatica
associata ad una riduzione di oltre il 40% della ferritina sierica (perché il
ferro viene “consumato” per la sintesi dell’Hb, nonostante la supplementazione
in ferro cui erano stati sottoposti gli atleti aderenti allo studio); 2) da un
aumento della concentrazione plasmatica del recettore solubile della
transferrina (sTrf) indice di aumentata produzione di globuli rossi e 3) da un
aumento infine dell’Hb di circa 1.0 ± 1.1 g/dl. Va tenuto presente che un
aumento della performance atletica anche di solo 1,1% in un atleta di alto
livello, può essere determinante ai fini dell’esito della gara tenendo conto che
la vittoria o la sconfitta sono spesso decise da differenze di piccole frazioni
di secondo.
Queste conoscenze hanno portato al proliferare, nell’ambito della
preparazione atletica, di metodi e tentativi di simulare artificialmente
l’esposizione alle alte altitudini con lo scopo di aumentare la performance
atletica in pianura, specialmente negli sport cosiddetti di resistenza
(ciclismo, maratona, sci di fondo, nuoto etc.).
Esistono in effetti in letteratura numerosissimi lavori in merito, dalla
disamina dei quali si evince però che i protocolli di simulazione delle
altitudini utilizzati sono assai diversi e difficilmente comparabili tra loro
sia per il sistema di simulazione utilizzato (camera ipobarica/ipossica;
intermittente esposizione a diversi gradi di ipossia corrispondenti a diverse
altitudini :2500, 3000, 4000 fino a oltre 5000 mt), sia per la durata e la
frequenza dell’esposizione (da pochi minuti al giorno, a diverse ore o giorni o
persino diverse notti di esposizione per un periodo variabile da 3 fino a 4-6
settimane), sia per il numero degli atleti reclutati negli studi (quasi sempre
di scarsa valenza statistica con inoltre la mancanza, spesso, dell’
indispensabile “gruppo di controllo” per una corretta valutazione dei
risultati). Non deve pertanto meravigliare che le conclusioni di tutti questi
studi, spesso anedottici, siano spesso contrastanti ed inconclusivi. Per
esempio: studi che hanno utilizzato 8-10 ore di ipossia al giorno hanno mostrato
l’incapacità dello stimolo ipossico di aumentare la massa eritrocitaria (Ashenden
e coll., 1999), ma quando, usando lo stesso metodo, l’ipossia viene prolungata
per oltre 12 ore al giorno per almeno 3 settimane con una altitudine simulata di
2100-2500 m, si verifica un significativo aumento della emoglobina (Rusko e coll,
2004). Ancora, un recente lavoro collaborativo tra illustri Ricercatori
dell’Istituto Australiano dello sport e Ricercatori del Comitato Olimpico
Americano e dell’Istituto Internazionale della medicina dello sport (Julian G.,
Gore J., Gundersen J.S., Parisotto R., Hahn G. Levine B., 2003) hanno dimostrato
come intermittenti stimoli ipossici (IHT=Intemittent Hypoxia training) di pochi
minuti (5 minuti) alternati ad altrettanti minuti di normossia a riposo per
70 minuti con una frequenza di 5 volte alla settimana per 4 settimane, non
siano capaci di modificare sostanzialmente i parametri ematologici esaminati
prima, 1 e 3 settimane dopo lo stimolo, né tanto meno di aumentare la
performance in 7 maratoneti ben allenati e di alto livello confrontati con un
gruppo “placebo” di 7 maratoneti dello stesso livello ma sottoposti ad un regime
di normossia ( cioè ad una respirazione di un normale concentrazione di
ossigeno) durante le 4 settimane dello studio. Sulla base delle attuali
conoscenze sulla fisiopatologia della risposta biologica allo stimolo ipossico
questo risultato non deve sorprendere. Infatti se lo stimolo ipossico non è
sufficientemente prolungato, il repentino ripristino di una normale
concentrazione di ossigeno nell’organismo, determina una rapidissima
degradazione dell’HIF prodotto durante la breve ipossia, tanto che questa
proteina non fa in tempo ad attivare tutte quelle riposte trascrizionali
(genetiche) che adatterebbero l’organismo all’ipossia, compreso l’aumento dell’Epo
sierica e quindi l’aumento dei globuli rossi e della massa erirocitaria.
Tuttavia gli stessi Autori dello studio concludono che “è possibile che
metodi di ipossia intermittente che comportino più prolungate esposizioni siano
efficaci” nel determinare un effetto eritropoietico (cioè di stimolo
alla produzione di globuli rossi) ma che allo stato attuale “rimangono incerti
durata e frequenza dell’esposizione all’ipossia necessari per
raggiungere la soglia eritropoietica”.
A tale proposito si sottolinea come la maggiore difficoltà nel pianificare studi
sull’efficacia o meno delle simulate altitudini nell’aumentare la produzione di
eritropoietina e quindi la massa eritrocitaria è quella di reclutare un numero
sufficientemente elevato di atleti per una valutazione statisticamente
significativa dei risultati, a causa soprattutto della riferita marcata
variabilità inter-individuale nella risposta eritropoietinica all’allenamento in
altitudine. Infatti e’ stato dimostrato che anche con l’ottimale applicazione
del protocollo Hi-Lo training, soltanto poco più del 50 % degli atleti
beneficieranno pienamente degli effetti del protocollo (i cosiddetti “robust
responders”), in parte grazie ad un prominente e sostenuto incremento dell’eritropoietina
con aumento della massa erirocitaria (Chapman e coll., 1998; Gundersen e coll.,
2001). Come accennato nelle note introduttive, tale variabilità ha soprattutto
delle motivazioni genetiche ed almeno alcuni individui hanno un polimorfismo
genetico nel gene dell’EPO o nel suo recettore che possono profondamente
influenzare la risposta eritropoietica allo stimolo ipossico (Semenza e coll.,
1978; Juvonen e coll., 1991; Prchal e coll., 1999). E’ possibile perciò che,
particolarmente negli studi, che sono poi la grande maggioranza, che hanno
reclutato un numero troppo esiguo di individui, la presenza casuale di un
significativo numero di “non o bad responders” potrebbe creare un
“bias” ovvero una deviazione dei risultati erroneamente in
favore di una mancata risposta eritropoietica.
Un altro aspetto che non viene sufficientemente considerato è che non tutte
le modificazioni dell’organismo indotte dalle altitudini siano necessariamente
benefiche. Per esempio un’ ipossia troppo prolungata o non sufficientemente
controllata può avere un effetto deprimente sul rendimento cardiaco, sul flusso
sanguigno ai muscoli scheletrici e sul sistema nervoso centrale. Preliminari
osservazioni, inoltre, hanno mostrato che l’ipossia di per sè può essere
responsabile di una depressione della funzione immunitaria con maggiore
predisposizione alle infezioni (Bailey DM e coll., 1997) né, al momento, è
possibile escludere che i repentini cambiamenti indotti nell’organismo da
intermittenti cicli ipossia-normossia, come quelli proposti dal protocollo Alti
Trainer 200, possano procurare danni alla salute a medio o a lungo termine
poiché mancano studi scientifici a riguardo (Schmidt W., 2002). In alcuni ed
anche recenti studi effettuati in atleti ben allenati sulla risposta ematologica
ad intermittenti cicli di ipossia a simulate altitudini di 4000-5000 m(!!) della
durata di 3h al giorno, 5 giorni a settimana per 4 settimane, si dimostra che
effettivamente anche dopo una singola esposizione di 180 minuti ad ipossia, il
livello sierico di Epo aumenta in maniera significativa, senza però
apparentemente produrre effetto sulla massa erirocitaria (Abellan R e coll.,
2005). A parte il piccolo numero degli atleti reclutati (16 in tutto: 8 atleti
nel gruppo sottoposto allo stimolo ipossico ed 8 come gruppo di controllo) che
impongono di interpretare i risultati con cautela, il fenomeno può essere solo
apparente e gli stessi autori invocano l’intervento di uno straordinario
meccanismo di repentino adattamento ematologico ai parossistici cicli di ipossia
mutuato dagli studi sulle modificazioni ematologiche che si manifestano negli
astronauti (Alfrey CP e coll., 1997). In pratica l’aumento della massa
erirocitaria stimolato dall’ipossia verrebbe vanificata dalla altrettanto rapida
distruzione di globuli rossi neoformati (più giovani) che si verifica con il
repentino ripristino di una normale concentrazione di ossigeno nell’ambiente.
Or bene questo fenomeno, denominato neo-citolisi (lisi selettiva di globuli
rossi neo-formati) può non essere del tutto innocuo poiché potrebbe
contribuire agli effetti avversi di un sconsiderato aumento della massa
eritrocitaria indotto per esempio dall’uso illegittimo dell’Epo o anche da
stimoli parossistici di simulate altitudini potendo favorire, nel momento in cui
il soggetto cessa bruscamente l’uso di epo o cessa lo stimolo ipossico simulato,
delle pericolose e potenzialmente fatali aritmie iperkaliemiche indotte da un
improvviso squilibrio elettrolitico per l’aumento del potassio sierico provocato
dalla lisi stessa dei globuli rossi (Lawrence R. e coll., 2001).
Un altro fenomeno biologico strettamente correlato all’ipossia ed oggetto negli
ultimi anni di intensa ricerca, riguarda il Fattore inducibile dall’ipossia (HIF),
del quale accennato nelle note introduttive della relazione, ed i meccanismi
che intervengono nella sua regolazione (attivazione/degradazione). Questa
proteina, che media gli effetti biologici indotti dall’ipossia, in condizioni di
normossia ha una emivita approssimativamente di 5 minuti (!) ed è stato altresì
dimostrato che questa molecola è determinabile nei nuclei delle cellule già dopo
appena 2 minuti di esposizione all’ipossia (Ursula R. e coll.,2001). In altri
termini, l’induzione della risposta HIF all’ipossia è praticamente istantanea.
Questo fattore, una volta stabilizzato, è in grado di entrare nel nucleo della
cellula e di “attivare” molti geni, alcuni dei quali sono stati elencati nella
nota introduttiva. Si calcola che siano circa 70 i geni bersaglio dell’HIF,
alcuni dei quali sono coinvolti nei meccanismi che regolano la crescita, la
proliferazione e la vitalità delle cellule tanto che è stato ipotizzato un
possibile ruolo di questo fattore nella crescita e la diffusione di tumori
nell’uomo. Per esempio molti tumori esprimono un elevato livello di HIF e l’iper-espressione
di questa molecola sembra correlare con una maggiore aggressività della malattia
neoplastica con un tasso di mortalità più elevato (Clottes E., 2003; Marx J.,
2004). Non a caso negli ultimi anni sono stati prodotti farmaci inibitori di HIF
e sono in corso trials clinici con l’obiettivo di valutarne l’effetto
anti-tumorale.
Da quanto detto non si può perciò escludere che la parossistica attivazione
di HIF indotta da non naturali ed intermittenti stimoli ipossici possa portare
ad una perturbazione reiterata di geni bersaglio, compresi quelli correlati alla
proliferazione cellulare, con un rischio aumentato di sviluppare tumori.
Osservazioni sull’apparecchiatura
Sono state esaminate le caratteristiche funzionali descritte nel protocollo
allegato all’apparecchio Alti Trainer 200, prodotto dalla Società Svizzera SMTEC
Sport & Medical Technologies. Le proprietà dello strumento e i principi del
“protocollo Alti trainer 200” si possono riassumere nei seguenti punti:
1- L’apparecchio permette di svolgere un programma di allenamento in condizioni
di “simulate altitudini”, cioè in condizioni di IPOSSIA restando in pianura, o
comunque a basse altitudini, con la possibilità di variare o scegliere
facilmente la grandezza dell’altitudine (da 1200 m fino a 5500 m), e quindi il
grado di ipossia a cui esporsi, grazie ad un microprocessore integrato associato
ad una sonda ad ossigeno.
2- L’atleta praticamente svolge una più o meno intensa attività fisica
(pedalando su una ciclette o correndo su un tapis roulant o tramite vogatore)
sotto stress ipossico respirando cioè, tramite una maschera collegata con un
tubo in plastica all’apparecchio erogatore, una miscela di gas ad una ridotta
concentrazione di ossigeno desiderata (a seconda dell’altitudine impostata). Più
tubi possono essere collegati allo strumento così che contemporaneamente più
atleti, per esempio dello stesso team, possono usufruire dell’apparecchio.
3- Il protocollo “consigliato” o raccomandato dalla ditta costruttrice prevede
l’impiego dell’Alti trainer nell’ambito di un programma di training che tenga
conto delle caratteristiche individuali dell’atleta raccomandando una buona
condizione e preparazione fisica di resistenza di base (indispensabile quindi
uno stretto controllo medico).
4- Il principio applicato è quello di una esposizione intermittente all’ipossia
sotto sforzo per un periodo di 30-40 minuti di simulata altitudine di 2000 –
2500 m per una o due volte a settimana per 6 settimane.
5- I risultati “garantiti” dal protocollo descritto sarebbero già tangibili dopo
2-3 settimane di training, con un aumento della performance fisica grazie
essenzialmente ad una ottimizzazione del consumo di ossigeno da parte delle
cellule muscolari.
6- Viene totalmente negato l’intervento di una aumentata produzione di
eritropoietina e di un aumento della massa erirocitaria.
Riflessione sui riferimenti normativi
Oltre la legge n.376/2000 sono stati presi in considerazione il D.M. 30/12/2002
pubblicato sulla G.U. n.64 del 18/03/2003 ed il D.M. del 13/04/2005 pubblicato
sul Suppl. Ord. G.U. n.104 del 3/06/2005.
In particolare si è fatto riferimento alla Sezione 5 relativa alle pratiche e
metodi vietati.
Nel D.M. del 30/12/2002 vengono riportate le pratiche ed i metodi vietati
riguardanti l’aumento del trasporto ematico di Ossigeno e tra questi sono
compresi i processi che aumentano artificialmente la massa eritrocitaria.
Altresì esplicita il testo “è proibito l’uso di pratiche ipobariche”.
Nel D.M. 13/04/2005 il termine ipobariche viene sostituito da ipobariche/ipossiche.
E’ nostra opinione che il temine “ipobarico” deve essere necessariamente
interpretato relativamente ed esclusivamente in termini di diminuzione della
pressione parziale dell’Ossigeno. Ovvero, preso come riferimento la PO2 a
livello del mare pari a 159 mm Hg, è “ipobarica” una qualsiasi situazione che
evidenzi valori inferiori a questo limite. In questo caso, infatti, la
diminuzione della PO2 si identifica con l’ipossia, situazione necessaria per il
verificarsi dell’aumento della massa eritrocitaria.
Non deve trarre in inganno il termine “normobarico” associato
all’apparecchiatura Altitrainer in quanto tale situazione viene ottenuta
“aggiungendo” all’aria Azoto puro. Questa procedura determina un aumento della
pressione parziale dell’Azoto (gas inerte) ma una diminuzione della Pressione
parziale dell’Ossigeno, pur restando la Pressione totale “normale”.
Conclusioni:
1- Sebbene al momento non esistano in letteratura degli studi
adeguati e conclusivi inerenti l’efficacia dell’esposizione intermittente all’ipossia,
attraverso simulate altitudini, nell’ aumentare la massa eritrocitaria, uno
strumento come l’Alti trainer 200 è potenzialmente in grado di creare uno
stimolo ipossico che, sulla base di consolidati principi ematologici, può essere
sufficiente a determinare un effetto eritropoietico. D’altra parte non
risulta che l’apparecchio in questione sia stato oggetto di sperimentazioni
cliniche adeguate quali quelle che per norma sono obbligatorie per
l’introduzione, per esempio, di un nuovo farmaco in commercio. Ci si riferisce
soprattutto agli studi di fase II e III che le Norme di buona pratica clinica (Good
Clinical Practice, GCP), in attuazione della direttiva della comunità europea n.
91/057/CEE, richiederebbero al fine di certificare l’efficacia , la sicurezza e
la tollerabilità.
2- Non esistono al momento dati certi relativi alla innocuità delle pratiche
ipossiche artificiali per la salute. Piuttosto le attuali conoscenze sugli
intricati meccanismi biologici legati all’ipossia fanno ipotizzare possibili
danni e/o rischi per la salute.
Pertanto non solo L’apprecchio Altitrainer 200 è compatibile con i metodi che
possono aumentare artificialmente la massa eritrocitaria (Sezione 5, pratiche e
metodi vietati in gara e fuori gara), ma tale pratica può non essere priva di
rischi per la salute dell’atleta.