Torna indietro ALTITRAINER: VIETATO E PERICOLOSO, ECCO LA PERIZIA PER IL PM PECORI Torna alla Home Page

Non è solo vietato dalla legge italiana come pratica ipobarica, ma può essere addirittura dannoso per la salute. L’uso dell’Altitrainer 200, la macchina sequestrata al termine della decima tappa del Giro d’Italia alla Davitamon Lotto, la formazione dello sprinter australiano plurivincitore nella corsa rosa Robbie McEwen, è proibito in quanto concretizza una vera e propria pratica vietata che altera le prestazioni sportive. Lo dicono, in una dettagliata relazione che “SportPrto” è riuscito a procurarsi, i due esperti incaricati dal pm Pecori di dare un parere definitivo sull’effetto “dopante” o meno dell’attrezzo. I professori Dario D’Ottavio (ex membro della Cvd, la commissione di vigilanza sul doping) e Benedetto Ronci (illustre ematologo clinico dell'Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata di Roma), tra l’altro collaboratori storici di “SportPro”, hanno approfondito l’argomento, fino a questo momento poco indagato sotto questi aspetti. Il meccanismo di funzionamento della macchina è semplice: si espone l’atleta ad una condizione fisica particolare, cioè ad una diminuita concentrazione dell’ossigeno ottenuta attraverso l’abbassamento della sua normale pressione parziale (si respira una miscela ipossica, attraverso una mascherina) e il fisico reagisce come se si trovasse in altura, stimolando, cioè la produzione endogena di globuli rossi che arricchiscono il sangue contribuendo ad un maggior trasporto di ossigeno ai muscoli. Di qui l’effetto dopante.
Il verdetto dei periti taglia la testa alle tante polemiche successive al sequestro. L’uso dell’apparecchio, infatti, in alcune nazioni europee è consentito e in altre l’Altitrainer 200 è addirittura commercializzato. Nell’ondivago regolamento della Wada, cioè sul fronte sportivo, la macchina non è nominata, ma può essere tranquillamente compresa fra le pratiche proibite, come recita il punto B dell’articolo M1, che vieta “tutte le pratiche che aumentino artificialmente il trasporto e la disponibilità dell’ossigeno”. In ogni caso per i periti non ci sono dubbi: l’Altitrainer 200 è vietato, perché “aumenta artificialmente la massa eritrocitaria” e, allo stato attuale delle conoscenze, non sono esclusi rischi per la salute di chi lo adopera, non essendoci prove della sua innocuità.

ANCHE IL CIO STA PENSANDO DI PROIBIRE LE PRATICHE IPOBARICHE E IPOSSICHE

Il parere dei periti si lega molto bene a quello che è l'orientamento di pensiero anche dei massimi dirigenti sportivi mondiali, che stanno pensando di rivedere l'intera normativa che riguarda le pratiche ipobariche e ipossiche. La tenda ipobarica che simula il soggiorno in altura (usata da molti campioni come il calciatore David Becham e il sette volte vincitore del Tour, Lance Armstrong, durante la "Grande Boucle" del 2002) e di cui nel passato recente si sono occupate le cronache  non è proibita in molte nazioni (fa eccezione la Norvegia, dove è vietata, come riferisce Andy Miah nel libro "Genetically modified Athletes"). Ma i dubbi che tali pratiche rientrino nella definizione generale di doping, in quanto contribuiscono ad aumentare la prestazione, si trascinano da tempo. Recentemente proprio la massima autorità sportiva, il presidente del Cio (il comitato olimpico internazionale), Jacques Rogge, ha lasciato intendere che l'idea di considerare legale l'uso di questi attrezzi ipobarici e/o ipossici, debba essere riconsiderata. "Non mi piace l'idea che gli atleti debbano far uso di queste camere ipobariche; questa non è la mia idea di sport, è un artificio che io non amo". Sulla stessa lunghezza d'onda Larry Bowers, direttore della Wada, l'agenzia antidoping mondiale: "La mia idea è che fintanto che una pratica risulta artificiale, debba essere considerata inaccettabile per lo sport. Dal momento che non tutti posso avervi accesso, essa diventa non etica".
Ecco gli stralci del libro citato (scarica il file *.pdf 1 - 2 )

Ecco i risultati della perizia fatta per il pm di Vicenza Pecori

INTRODUZIONE L'ALLENAMENTO L'APPARECCHIATURA LA LEGGE CONCLUSIONI

Premessa
Torna su

Per poter comprendere in modo efficace il prosieguo della relazione, si ritiene opportuno esplicitare gli elementi scientifici (unità di misura, grandezze chimico-fisiche etc) in quanto sugli stessi è basato lo “scheletro” della relazione stessa.
Vengono quindi riportate in seguito le definizioni delle grandezze utilizzate nonché brevi cenni integrativi.

Acclimatazione : risposta fisiologica e metabolica dell’organismo atta a migliorare la tolleranza dell’ipossia dovuta all’altitudine

Pressione : Forza applicata per unità di superficie.
Nei gas la pressione è rappresentata dal numero di urti delle molecole contro le pareti del recipiente ove sono contenute. E’ evidente che, a parità di volume, più molecole sono contenute nel recipiente, maggiore sarà il numero di urti sulle pareti e maggiore sarà la Pressione esercitata dal gas. Nella relazione la pressione è espressa in mm di mercurio (mm Hg) e più raramente in atmosfera. Per atmosfera si intende la Pressione esercitata da una colonnina di mercurio alta 760 mm. Quindi 1atm. = 760 mm Hg.

Pressione parziale : Pressione che un gas eserciterebbe se occupasse da solo tutto il volume disponibile
Difficilmente in sistemi naturali ci si trova in presenza di gas allo stato puro. E’ più probabile invece il verificarsi di miscele gassose che, a loro volta, siano responsabili delle pressione esercitata. Ovviamente, trattandosi di miscele, ciascuno dei componenti eserciterà una pressione “individuale” dipendente dalla percentuale rappresentata e la Pressione totale sarà data quindi dalla somma delle singole pressioni parziali ( Pressione totale = Pressione Parziale gas 1 + Pressione Parziale gas 2 + ………. Pressione Parziale gas n).
Per quanto riguarda l’aria, la tabella che segue, riporta la composizione dell’aria e le relative pressioni parziali dei gas che la sostituiscono ( a livello del mare, P = 760 mm Hg).

Gas Percentuale (%) Pressione Parziale (mm Hg) Volume di gas (mL* L-1)
Ossigeno 20.93 159 209.3
Anidride Carbonica  0.03 0.2 0.4
Azoto 79.04 600 790.3

Pressione barometrica o Pressione atmosferica : Pressione esercitata dall’atmosfera soprastante .
L’importanza di questo parametro è legata alla sua variabilità in funzione dell’altitudine.
Si riporta nella tabella che segue il variare della pressione barometrica con l’altitudine geografica. La diminuzione della pressione è dovuta alla “rarefazione dell’aria”, termine utilizzato per indicare una riduzione della concentrazione dei gas.

Altezza (metri)

Pressione ambientale (mm Hg)

Pressione parziale O2 (mm Hg)
 

0

760

159

1.000

674

141

1.500

634

133

2.000

596

125

3.000

526

110

4.000

462

97

5.000

405

85

6.000

354

74

7.000

308

64

8.000

267

56

9.000

230

48

Normobarico od isobarico : Sistema ad una pressione uguale a quella presa come riferimento.
In genere come riferimento viene presa la pressione atmosferica a livello del mare (760 mm Hg).

Ipobarico: Sistema ad una pressione inferiore a quella presa come riferimento

Iperbarico: Sistema ad una pressione superiore a quella presa come riferimento

Ipossico: Sistema in cui la Pressione parziale dell’Ossigeno è inferiore a quella presa come riferimento.
In genere come riferimento viene presa la pressione parziale di O2 a livello del mare ( Pressione barometrica 760 mm Hg e PO2 159 mm Hg).

Sangue: liquido biologico costituito da una parte corpuscolata composta da globuli rossi (eritrociti), globuli bianchi (leucociti), piastrine e da una componete liquida denominata plasma.

Emoglobina: Molecola di natura proteica contenuta all’interno dei globuli rossi. Consente il trasporto dell’Ossigeno dai polmoni ai tessuti ove viene utilizzato. (Unità di misura gr./dL)

Ematocrito: Indice numerico che rappresenta la percentuale del volume occupato dai globuli rossi (eritrociti) rispetto al volume totale del sangue. (unità di misura %)

Eritropoietina: Molecola proteica in grado di stimolare il midollo osseo alla produzione di globuli rossi. (Unità di misura mU/mL)

Eritropoiesi: Processo fisiologico che implica la produzione di globuli rossi

2 – 3 Difosfoglicerato : Sostanza contenuta all’interno dei globuli rossi. Interagisce con l’emoglobina diminuendone l’affinità per l’ossigeno e quindi favorendone il rilascio.

Introduzione
Torna su

L’Ossigeno (O2) che respiriamo rappresenta l’elemento indispensabile per la vita. L’organismo umano è provvisto di un sistema di captazione e di trasporto dell’O2 estremamente efficiente rappresentato dai globuli rossi (o eritrociti). Il 97% dell’O2 , infatti, è trasportato nel sangue all’ interno dei globuli rossi legato, in forma reversibile, ad una proteina: L’emoglobina (Hb). Quest’ultima è una proteina complessa ed “intelligente”, capace di captare l’ossigeno dall’ambiente esterno con la respirazione polmonare e, attraverso il flusso sanguigno, di cederlo ai tessuti dove viene utilizzato per fornire, alla fine, “l’energia vitale”. E’ evidente, pertanto, che il principale regolatore della produzione dei globuli rossi, e quindi dell’Hb, non può che essere proprio l’ossigeno. Quando, cioè, la concentrazione di O2 diminuisce nel sangue (questa condizione viene definita ipossiemia), indipendentemente dalla causa che l’ha prodotta, viene stimolata da parte del rene la produzione di un vero e proprio ormone rappresentato dall’eritropoietina (EPO) che rappresenta il fattore di crescita e di sopravvivenza indispensabile per la maturazione e la produzione dei globuli rossi. Infatti La concentrazione dell’EPO aumenta esponenzialmente (più di 100 volte il valore basale) e rapidamente già dopo poche ore di ridotta concentrazione di O2, promuovendo così la formazione di un maggior numero dei suoi “trasportatori” (i globuli rossi o eritrociti) con conseguente aumento della cosiddetta “massa eritrocitaria”. Questo fenomeno si verifica naturalmente anche quando i mammiferi sono esposti alle basse concentrazioni di O2 delle alte altitudini (questa condizione viene definita ipossia). Ecco perché i nativi delle alte altitudini, come quelli delle Ande Peruviane, hanno fisiologicamente un numero di globuli rossi più alto (questa condizione viene definita Poliglobulia delle alte altitudini) rispetto a coloro che vivono in pianura o a livello del mare. In pratica si tratta di una sorta di “naturale acclimatazione ematologica” che facilita il ripristino di un normale contenuto di O2 nel sangue a fronte di una più bassa concentrazione ambientale. Un altro fattore che interviene precocemente, in risposta all’ipossia da grandi altitudini, è rappresentato dalla diminuzione dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, un meccanismo che permette di aumentare la quota di ossigeno rilasciata ai tessuti senza influire sulla sua pressione parziale. Tale fenomeno si realizza grazie all’accumulo, all’interno del globulo rosso, di un composto del metabolismo glicolitico anaerobico rappresentato dal 2,3-difosfoglicerato come accennato nelle note introduttive.
Un primo punto che occorre chiarire è se esista una “soglia” di ipossia ambientale (ovvero di altitudine) oltre la quale viene stimolata una sostenuta e duratura produzione di EPO. Un importante studio a tal proposito è stato realizzato in anni recenti da alcuni Ricercatori dell’Università di Dallas (Ri-Li Ge e coll. 2002) che hanno inconfutabilmente dimostrato come in effetti la produzione sostenuta e duratura di EPO in risposta ad intermittenti e simulate altitudini ha un chiaro “thresold”. Nello studio 48 giovani volontari hanno soggiornato per 24 ore a settimana per un totale di 4 settimane, in una camera ipobarica/ipossica a simulate altitudini di 1.780, 2.085, 2.450 e 2.800 m. Un incremento significativo e duraturo (oltre le 24 ore) di Epo è stato registrato soltanto quando l’altitudine simulata raggiungeva 2.100-2.500 m. Il protocollo Alti trainer 200 prevede l’ impiego di altitudini simulate entro 2000-2500 m. che corrispondono, quindi, a valori di ipossia ambientale capaci di stimolare la produzione di Epo. Nella maggior parte dei soggetti, al di sotto di queste altitudini, gli effetti sulla produzione dell’eritropoietina sono modesti e, soprattutto, non sostenuti nel tempo (la concentrazione sierica di Epo declina rapidamente dopo 24 ore ). Va tuttavia sottolineato che nello stesso studio si dimostra che la produzione di Epo, in risposta alle simulate altitudini, è contrassegnata da una sostanziale variabilità inter-individuale con alcuni soggetti che mostrano un incremento del 100% della concentrazione di Epo nelle esposizioni a 1.780 m, mentre altri non incrementano i livelli dell’ormone a 2.800 m. Tale variabilità appare essere governata da fattori correlati alla concentrazione di O2 al livello del rene così come ad altri non facilmente determinabili meccanismi ma che presumibilmente sono da ricondurre alla regolazione trascrizionale (genetica) dell’Epo da parte del tessuto renale ipossico, cioè ad una sorta di “variabilità costituzionale”. A tale proposito è importante sottolineare che la risposta biologica all’ipossia ambientale non si identifica esclusivamente nell’aumentata produzione di Epo dal rene ma da tutta una serie di modificazioni metaboliche , funzionali (cardiorespiratorie) e strutturali (a carico della muscolatura scheletrica) che hanno la finalità di consentire l’adattamento del nostro organismo ad una condizione di ridotta fornitura di ossigeno (Wiesener e coll. 2002) rendendolo più resistente all’ipossia. Il principale mediatore della intricata risposta biologica adattativa all’ipossia è oggi conosciuto e si identifica con una proteina detta Fattore Inducibile dall’ipossia (HIF= Hypoxia Inducile Factor). Questo fattore viene molto rapidamente “disattivato” (degradato) in presenza di O2. Invece, virtualmente, tutte le cellule del nostro organismo rispondono all’ipossia con una “attivazione” di HIF che diventa capace di agire a livello genetico attivando a sua volta, oltre il gene che codifica l’Epo, molti altri geni identificati come altrettanti targets di HIF. Tra questi, alcuni includono quelli coinvolti nella produzione di molecole che regolano: 1) il tono vascolare (endotelina1, adrenomedullina), 2) la formazione di nuovi vasi sanguigni (fattore di crescita endoteliale), 3) la produzione di catecolamine (tirosina idrossilasi) , 4) il trasporto del glucosio attraverso le cellule e la glicolisi anaerobia allo scopo di poter produrre un’addizionale risorsa di energia in condizioni di relativa deficienza di O2.
Da quanto detto è evidente che la fisiologica risposta alle altitudini è multi fattoriale e si concorda nell’affermazione che l’attribuire l’aumento della performance atletica, indotta naturalmente dall’altitudine, esclusivamente all’incrementata produzione di globuli rossi appare piuttosto semplicistica e riduttiva (Aschenden, 2004).

L’allenamento alle alte altitudini e valutazione dei metodi di simulazione
Torna su

Atleti di resistenza spesso nei loro programmi di allenamento includono training in altitudine con l’aspettativa di migliorare la loro performance in pianura. E’ stato suggerito che l’ideale approccio all’allenamento alle altitudini dovrebbe rendere capace gli atleti di ottimizzare il necessario stimolo per ottenere le modificazioni biologiche descritte, che migliorano l’utilizzazione dell’O2, evitando o minimizzando nello stesso tempo l’effetto deprimente associato ad una troppo persistente esposizione all’ipossia. Questa strategia nota con il termine “living high-trainig low” o Hi-Lo model combina il vivere alle alte altitudini (2.500-2.700 m) con una intensa sessione di allenamento a più basse altitudini (1.200 m). Studi effettuati sia su atleti di livello universitario che su atleti di élite (maratoneti) hanno dimostrato che il protocollo Hi-Lo è in grado di aumentare la performance atletica rispettivamente del 1,4% e del 1,1% dopo 27 giorni di soggiorno a moderate altitudini (2.500 m) seguito da una intensa sessione di allenamento a 1.250 m (Gundersen e coll, 1997; Levine e coll, 2001). Il meccanismo responsabile di tale miglioramento è, come sopra accennato, multifattoriale ma concorre certamente in maniera importante una stimolazione della eritropoiesi (cioè della produzione dei globuli rossi) come dimostrato negli studi riportati: 1) da un raddoppiamento della concentrazione di Epo plasmatica associata ad una riduzione di oltre il 40% della ferritina sierica (perché il ferro viene “consumato” per la sintesi dell’Hb, nonostante la supplementazione in ferro cui erano stati sottoposti gli atleti aderenti allo studio); 2) da un aumento della concentrazione plasmatica del recettore solubile della transferrina (sTrf) indice di aumentata produzione di globuli rossi e 3) da un aumento infine dell’Hb di circa 1.0 ± 1.1 g/dl. Va tenuto presente che un aumento della performance atletica anche di solo 1,1% in un atleta di alto livello, può essere determinante ai fini dell’esito della gara tenendo conto che la vittoria o la sconfitta sono spesso decise da differenze di piccole frazioni di secondo.

Queste conoscenze hanno portato al proliferare, nell’ambito della preparazione atletica, di metodi e tentativi di simulare artificialmente l’esposizione alle alte altitudini con lo scopo di aumentare la performance atletica in pianura, specialmente negli sport cosiddetti di resistenza (ciclismo, maratona, sci di fondo, nuoto etc.).
Esistono in effetti in letteratura numerosissimi lavori in merito, dalla disamina dei quali si evince però che i protocolli di simulazione delle altitudini utilizzati sono assai diversi e difficilmente comparabili tra loro sia per il sistema di simulazione utilizzato (camera ipobarica/ipossica; intermittente esposizione a diversi gradi di ipossia corrispondenti a diverse altitudini :2500, 3000, 4000 fino a oltre 5000 mt), sia per la durata e la frequenza dell’esposizione (da pochi minuti al giorno, a diverse ore o giorni o persino diverse notti di esposizione per un periodo variabile da 3 fino a 4-6 settimane), sia per il numero degli atleti reclutati negli studi (quasi sempre di scarsa valenza statistica con inoltre la mancanza, spesso, dell’ indispensabile “gruppo di controllo” per una corretta valutazione dei risultati). Non deve pertanto meravigliare che le conclusioni di tutti questi studi, spesso anedottici, siano spesso contrastanti ed inconclusivi. Per esempio: studi che hanno utilizzato 8-10 ore di ipossia al giorno hanno mostrato l’incapacità dello stimolo ipossico di aumentare la massa eritrocitaria (Ashenden e coll., 1999), ma quando, usando lo stesso metodo, l’ipossia viene prolungata per oltre 12 ore al giorno per almeno 3 settimane con una altitudine simulata di 2100-2500 m, si verifica un significativo aumento della emoglobina (Rusko e coll, 2004). Ancora, un recente lavoro collaborativo tra illustri Ricercatori dell’Istituto Australiano dello sport e Ricercatori del Comitato Olimpico Americano e dell’Istituto Internazionale della medicina dello sport (Julian G., Gore J., Gundersen J.S., Parisotto R., Hahn G. Levine B., 2003) hanno dimostrato come intermittenti stimoli ipossici (IHT=Intemittent Hypoxia training) di pochi minuti (5 minuti) alternati ad altrettanti minuti di normossia a riposo per 70 minuti con una frequenza di 5 volte alla settimana per 4 settimane, non siano capaci di modificare sostanzialmente i parametri ematologici esaminati prima, 1 e 3 settimane dopo lo stimolo, né tanto meno di aumentare la performance in 7 maratoneti ben allenati e di alto livello confrontati con un gruppo “placebo” di 7 maratoneti dello stesso livello ma sottoposti ad un regime di normossia ( cioè ad una respirazione di un normale concentrazione di ossigeno) durante le 4 settimane dello studio. Sulla base delle attuali conoscenze sulla fisiopatologia della risposta biologica allo stimolo ipossico questo risultato non deve sorprendere. Infatti se lo stimolo ipossico non è sufficientemente prolungato, il repentino ripristino di una normale concentrazione di ossigeno nell’organismo, determina una rapidissima degradazione dell’HIF prodotto durante la breve ipossia, tanto che questa proteina non fa in tempo ad attivare tutte quelle riposte trascrizionali (genetiche) che adatterebbero l’organismo all’ipossia, compreso l’aumento dell’Epo sierica e quindi l’aumento dei globuli rossi e della massa erirocitaria. Tuttavia gli stessi Autori dello studio concludono che “è possibile che metodi di ipossia intermittente che comportino più prolungate esposizioni siano efficaci” nel determinare un effetto eritropoietico (cioè di stimolo alla produzione di globuli rossi) ma che allo stato attuale “rimangono incerti durata e frequenza dell’esposizione all’ipossia necessari per raggiungere la soglia eritropoietica”.

A tale proposito si sottolinea come la maggiore difficoltà nel pianificare studi sull’efficacia o meno delle simulate altitudini nell’aumentare la produzione di eritropoietina e quindi la massa eritrocitaria è quella di reclutare un numero sufficientemente elevato di atleti per una valutazione statisticamente significativa dei risultati, a causa soprattutto della riferita marcata variabilità inter-individuale nella risposta eritropoietinica all’allenamento in altitudine. Infatti e’ stato dimostrato che anche con l’ottimale applicazione del protocollo Hi-Lo training, soltanto poco più del 50 % degli atleti beneficieranno pienamente degli effetti del protocollo (i cosiddetti “robust responders”), in parte grazie ad un prominente e sostenuto incremento dell’eritropoietina con aumento della massa erirocitaria (Chapman e coll., 1998; Gundersen e coll., 2001). Come accennato nelle note introduttive, tale variabilità ha soprattutto delle motivazioni genetiche ed almeno alcuni individui hanno un polimorfismo genetico nel gene dell’EPO o nel suo recettore che possono profondamente influenzare la risposta eritropoietica allo stimolo ipossico (Semenza e coll., 1978; Juvonen e coll., 1991; Prchal e coll., 1999). E’ possibile perciò che, particolarmente negli studi, che sono poi la grande maggioranza, che hanno reclutato un numero troppo esiguo di individui, la presenza casuale di un significativo numero di “non o bad responders” potrebbe creare un “bias” ovvero una deviazione dei risultati erroneamente in favore di una mancata risposta eritropoietica.

Un altro aspetto che non viene sufficientemente considerato è che non tutte le modificazioni dell’organismo indotte dalle altitudini siano necessariamente benefiche. Per esempio un’ ipossia troppo prolungata o non sufficientemente controllata può avere un effetto deprimente sul rendimento cardiaco, sul flusso sanguigno ai muscoli scheletrici e sul sistema nervoso centrale. Preliminari osservazioni, inoltre, hanno mostrato che l’ipossia di per sè può essere responsabile di una depressione della funzione immunitaria con maggiore predisposizione alle infezioni (Bailey DM e coll., 1997) né, al momento, è possibile escludere che i repentini cambiamenti indotti nell’organismo da intermittenti cicli ipossia-normossia, come quelli proposti dal protocollo Alti Trainer 200, possano procurare danni alla salute a medio o a lungo termine poiché mancano studi scientifici a riguardo (Schmidt W., 2002). In alcuni ed anche recenti studi effettuati in atleti ben allenati sulla risposta ematologica ad intermittenti cicli di ipossia a simulate altitudini di 4000-5000 m(!!) della durata di 3h al giorno, 5 giorni a settimana per 4 settimane, si dimostra che effettivamente anche dopo una singola esposizione di 180 minuti ad ipossia, il livello sierico di Epo aumenta in maniera significativa, senza però apparentemente produrre effetto sulla massa erirocitaria (Abellan R e coll., 2005). A parte il piccolo numero degli atleti reclutati (16 in tutto: 8 atleti nel gruppo sottoposto allo stimolo ipossico ed 8 come gruppo di controllo) che impongono di interpretare i risultati con cautela, il fenomeno può essere solo apparente e gli stessi autori invocano l’intervento di uno straordinario meccanismo di repentino adattamento ematologico ai parossistici cicli di ipossia mutuato dagli studi sulle modificazioni ematologiche che si manifestano negli astronauti (Alfrey CP e coll., 1997). In pratica l’aumento della massa erirocitaria stimolato dall’ipossia verrebbe vanificata dalla altrettanto rapida distruzione di globuli rossi neoformati (più giovani) che si verifica con il repentino ripristino di una normale concentrazione di ossigeno nell’ambiente. Or bene questo fenomeno, denominato neo-citolisi (lisi selettiva di globuli rossi neo-formati) può non essere del tutto innocuo poiché potrebbe contribuire agli effetti avversi di un sconsiderato aumento della massa eritrocitaria indotto per esempio dall’uso illegittimo dell’Epo o anche da stimoli parossistici di simulate altitudini potendo favorire, nel momento in cui il soggetto cessa bruscamente l’uso di epo o cessa lo stimolo ipossico simulato, delle pericolose e potenzialmente fatali aritmie iperkaliemiche indotte da un improvviso squilibrio elettrolitico per l’aumento del potassio sierico provocato dalla lisi stessa dei globuli rossi (Lawrence R. e coll., 2001).

Un altro fenomeno biologico strettamente correlato all’ipossia ed oggetto negli ultimi anni di intensa ricerca, riguarda il Fattore inducibile dall’ipossia (HIF), del quale accennato nelle note introduttive della relazione, ed i meccanismi che intervengono nella sua regolazione (attivazione/degradazione). Questa proteina, che media gli effetti biologici indotti dall’ipossia, in condizioni di normossia ha una emivita approssimativamente di 5 minuti (!) ed è stato altresì dimostrato che questa molecola è determinabile nei nuclei delle cellule già dopo appena 2 minuti di esposizione all’ipossia (Ursula R. e coll.,2001). In altri termini, l’induzione della risposta HIF all’ipossia è praticamente istantanea. Questo fattore, una volta stabilizzato, è in grado di entrare nel nucleo della cellula e di “attivare” molti geni, alcuni dei quali sono stati elencati nella nota introduttiva. Si calcola che siano circa 70 i geni bersaglio dell’HIF, alcuni dei quali sono coinvolti nei meccanismi che regolano la crescita, la proliferazione e la vitalità delle cellule tanto che è stato ipotizzato un possibile ruolo di questo fattore nella crescita e la diffusione di tumori nell’uomo. Per esempio molti tumori esprimono un elevato livello di HIF e l’iper-espressione di questa molecola sembra correlare con una maggiore aggressività della malattia neoplastica con un tasso di mortalità più elevato (Clottes E., 2003; Marx J., 2004). Non a caso negli ultimi anni sono stati prodotti farmaci inibitori di HIF e sono in corso trials clinici con l’obiettivo di valutarne l’effetto anti-tumorale.

Da quanto detto non si può perciò escludere che la parossistica attivazione di HIF indotta da non naturali ed intermittenti stimoli ipossici possa portare ad una perturbazione reiterata di geni bersaglio, compresi quelli correlati alla proliferazione cellulare, con un rischio aumentato di sviluppare tumori.

Osservazioni sull’apparecchiatura
Torna su

Sono state esaminate le caratteristiche funzionali descritte nel protocollo allegato all’apparecchio Alti Trainer 200, prodotto dalla Società Svizzera SMTEC Sport & Medical Technologies. Le proprietà dello strumento e i principi del “protocollo Alti trainer 200” si possono riassumere nei seguenti punti:

1- L’apparecchio permette di svolgere un programma di allenamento in condizioni di “simulate altitudini”, cioè in condizioni di IPOSSIA restando in pianura, o comunque a basse altitudini, con la possibilità di variare o scegliere facilmente la grandezza dell’altitudine (da 1200 m fino a 5500 m), e quindi il grado di ipossia a cui esporsi, grazie ad un microprocessore integrato associato ad una sonda ad ossigeno.
2- L’atleta praticamente svolge una più o meno intensa attività fisica (pedalando su una ciclette o correndo su un tapis roulant o tramite vogatore) sotto stress ipossico respirando cioè, tramite una maschera collegata con un tubo in plastica all’apparecchio erogatore, una miscela di gas ad una ridotta concentrazione di ossigeno desiderata (a seconda dell’altitudine impostata). Più tubi possono essere collegati allo strumento così che contemporaneamente più atleti, per esempio dello stesso team, possono usufruire dell’apparecchio.
3- Il protocollo “consigliato” o raccomandato dalla ditta costruttrice prevede l’impiego dell’Alti trainer nell’ambito di un programma di training che tenga conto delle caratteristiche individuali dell’atleta raccomandando una buona condizione e preparazione fisica di resistenza di base (indispensabile quindi uno stretto controllo medico).
4- Il principio applicato è quello di una esposizione intermittente all’ipossia sotto sforzo per un periodo di 30-40 minuti di simulata altitudine di 2000 – 2500 m per una o due volte a settimana per 6 settimane.
5- I risultati “garantiti” dal protocollo descritto sarebbero già tangibili dopo 2-3 settimane di training, con un aumento della performance fisica grazie essenzialmente ad una ottimizzazione del consumo di ossigeno da parte delle cellule muscolari.
6- Viene totalmente negato l’intervento di una aumentata produzione di eritropoietina e di un aumento della massa erirocitaria.

Riflessione sui riferimenti normativi
Torna su


Oltre la legge n.376/2000 sono stati presi in considerazione il D.M. 30/12/2002 pubblicato sulla G.U. n.64 del 18/03/2003 ed il D.M. del 13/04/2005 pubblicato sul Suppl. Ord. G.U. n.104 del 3/06/2005.
In particolare si è fatto riferimento alla Sezione 5 relativa alle pratiche e metodi vietati.
Nel D.M. del 30/12/2002 vengono riportate le pratiche ed i metodi vietati riguardanti l’aumento del trasporto ematico di Ossigeno e tra questi sono compresi i processi che aumentano artificialmente la massa eritrocitaria. Altresì esplicita il testo “è proibito l’uso di pratiche ipobariche”.
Nel D.M. 13/04/2005 il termine ipobariche viene sostituito da ipobariche/ipossiche.
E’ nostra opinione che il temine “ipobarico” deve essere necessariamente interpretato relativamente ed esclusivamente in termini di diminuzione della pressione parziale dell’Ossigeno. Ovvero, preso come riferimento la PO2 a livello del mare pari a 159 mm Hg, è “ipobarica” una qualsiasi situazione che evidenzi valori inferiori a questo limite. In questo caso, infatti, la diminuzione della PO2 si identifica con l’ipossia, situazione necessaria per il verificarsi dell’aumento della massa eritrocitaria.
Non deve trarre in inganno il termine “normobarico” associato all’apparecchiatura Altitrainer in quanto tale situazione viene ottenuta “aggiungendo” all’aria Azoto puro. Questa procedura determina un aumento della pressione parziale dell’Azoto (gas inerte) ma una diminuzione della Pressione parziale dell’Ossigeno, pur restando la Pressione totale “normale”.

Conclusioni:
Torna su


1- Sebbene al momento non esistano in letteratura degli studi adeguati e conclusivi inerenti l’efficacia dell’esposizione intermittente all’ipossia, attraverso simulate altitudini, nell’ aumentare la massa eritrocitaria, uno strumento come l’Alti trainer 200 è potenzialmente in grado di creare uno stimolo ipossico che, sulla base di consolidati principi ematologici, può essere sufficiente a determinare un effetto eritropoietico. D’altra parte non risulta che l’apparecchio in questione sia stato oggetto di sperimentazioni cliniche adeguate quali quelle che per norma sono obbligatorie per l’introduzione, per esempio, di un nuovo farmaco in commercio. Ci si riferisce soprattutto agli studi di fase II e III che le Norme di buona pratica clinica (Good Clinical Practice, GCP), in attuazione della direttiva della comunità europea n. 91/057/CEE, richiederebbero al fine di certificare l’efficacia , la sicurezza e la tollerabilità.

2- Non esistono al momento dati certi relativi alla innocuità delle pratiche ipossiche artificiali per la salute. Piuttosto le attuali conoscenze sugli intricati meccanismi biologici legati all’ipossia fanno ipotizzare possibili danni e/o rischi per la salute.

Pertanto non solo L’apprecchio Altitrainer 200 è compatibile con i metodi che possono aumentare artificialmente la massa eritrocitaria (Sezione 5, pratiche e metodi vietati in gara e fuori gara), ma tale pratica può non essere priva di rischi per la salute dell’atleta.


Torna su