Su una delle nuovissime frontiere del doping, quella che si basa su prodotti capaci di trasportare ossigeno e non influenzare nè l'ematocrito nè l'emoglobina (Pfc, emoglobina sintetica, emoglobina animale modificata), SportPro accoglie il contributo del dott. Dario D'Ottavio, uno studioso del problema. membro della commissione di vigilanza per la legge antidoping 376/2000. |
SOSTITUTI DEL SANGUE: UN PERICOLO FACILMENTE NEUTRALIZZABILE
Negli ultimi anni levoluzione tecnologica e la ricerca scientifica in campo medico non subiscono battute darresto. Ne sono riprova le numerose molecole e/o preparazioni di indubbia efficacia che vengono continuamente immesse sul mercato.Tra le ultime novità ecco "sostituti del sangue" che rivestono un ruolo assai importante per quanto riguarda la salute pubblica, in quanto ricoprono un ruolo fondamentale nelle terapie di pronto soccorso e in certi interventi chirurgici a carattere di emergenza. Fino a pochi anni fa era ritenuto impossibile produrre sinteticamente prodotti alternativi al fluido biologico indispensabile alla vita umana. Oggi non è più così. Naturalmente si tratta di sostituti "sui generis", cioè prodotti ben lungi dallespletare tutte le funzioni biochimiche del sangue. Ma, essendo caratterizzati dalla capacità di trasportare lossigeno, rappresentano una valida alternativa quando si presenti questa necessità negli interventi chirurgici più delicati. La maggior parte delle attività immunologiche e coagulative del sangue, dunque, non sembra attualmente riproducibile in termini di sintesi, ragion per cui la ricerca si è rivolta verso la caratteristica più abbordabile, quella, appunto del trasporto di ossigeno.
Questi prodotti che citeremo come "trasportatori di ossigeno", pur essendo incompleti dal punto di vista biochimico, presentano alcuni considerevoli, vantaggi rispetto alle usuali trasfusioni. Tra questi cè prima di tutto la disponibilità (il sangue omologo o anche eterologo non sempre è disponibile) , il lungo periodo di conservazione, la possibilità di essere completamente slegati dai gruppi sanguigni e dalla presenza o meno del fattore "rh" nella somministrazione e l'elevato rapporto molecolare di trasporto.
Le tecnologie utilizzate per la loro produzione differiscono a seconda del tipo di "trasportatore dossigeno". Attualmente ne esistono di due soli tipi: i trasportatori a base emoglobinica e i perfluoroderivati. Per quanto riguarda i trasportatori a base emoglobinica il primo approccio scientifico di produzione è stato quello di utilizzare lemoglobina estratta dai globuli rossi umani. Tale tipo di tecnica è risultata scarsamente praticabile in quanto la molecola dellemoglobina, costituita da quattro sub-unità, una volta infusa si divide in due parti ciascuna delle quali comprende due sub-unità, con conseguente diminuzione della capacità legante dellossigeno. Inoltre, tale forma molecolare risulta tossica per lorganismo e crea numerosi problemi di carattere biochimico. Lipotesi di utilizzare emoglobina umana è stata presto scartata. I trasportatori di ossigeno della prima generazione sono stati, dunque, realizzati attraverso la produzione di emoglobina modificata attraverso tecniche genetiche a DNA ricombinante cross-legandola in modo tale da dare origine a forme di poliemoglobina. Questa soluzione (cross-legare chimicamente lemoglobina) ha risolto il problema della sua instabilità e questa procedura è stata estesa coniugandola con polimeri solubili: sono nate così le cosiddette "emoglobine coniugate". Esistono, inoltre, altre combinazioni di cross-legame chimico con altre sostanze realizzate a seconda delle necessità clinico- terapeutiche di utilizzo.
Nellaltra classe di trasportatori di ossigeno la molecola di base è un perfluoro derivato. I perfluoro derivati presentano una elevata capacità di rendere solubile lossigeno, tale da consentire concentrazioni superiori fino a 50 volte quelle presenti nel plasma normale. Questi prodotti, però, necessitano di essere legati ad altre particelle, che, nel caso specifico, sono rappresentate da prodotti lipidici. Tale combinazione, in soluzione acquosa, dà origine ad una emulsione costituita da particelle molto piccole, che può essere infusa nel paziente. I prodotti di prima generazione sono stati praticamente dismessi in quanto poco efficaci: la quantità "fisiologica" che poteva essere somministrata non dava luogo ad apprezzabili benefici. La situazione è migliorata con lintroduzione dei perfluorocarburi e di altre molecole quali il perfluorottilbromuro, utilizzanto lecitina come supporto.
Essendo trasportatori di ossigeno ed essendo la capacità di trasportare ossigeno fondamentale nelle discipline sportive, specie quelle a base aerobica, è chiaro come la possibilità che tali sostanze siano utilizzate per alterare la performance agonistica sia reale. Ma una tale pratica al di fuori dal necessità cliniche legate ad una qualche patologia non può essere consentita e quindi va inquadrata come vera e propria pratica doping. Tra laltro, nonostante i dati a disposizione siano ancora pochi, data la relativamente recente introduzione di tali preparati, si ritiene che labuso o luso non terapeutico di tali sostanze possa comportare, nel caso di componenti emoglobinici gli stessi problemi legati al cronico utilizzo delle trasfusioni (non infettivologici); per i perfluoroderivati sono stati già evidenziati effetti indesiderati per il fegato.
Fortunatamente tali sostanze sono facilmente rintracciabili e questo rappresenta il freno maggiore ad una loro potenziale diffusione. Infatti, anche un comune laboratorio dotato di una banale apparecchiatura quale lo spettrofotometro, un cromatografo liquido ad alta prestazione (HPLC) ed un emogasanalizzatore, non lascerebbe scampo ai soggetti che praticassero questo tipo di abuso.
Ma, naturalmente, occorre una ricerca mirata e nelle procedure del Cio questa semplice verifica non cè ancora.
Dario DOttavio responsabile di Chimica analitica e controllo della qualità presso lAzienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini (dipartimento servizi: direttore Dr. Mario Valenti) |